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Leggendo il suo saggio intitolato Florario, scopro che il suo autore Alfredo Cattabiani come me è un appassionato di cioccolato.
La pianta da cui si trae il cacao per produrre questo cibo degli dei è stata denominata appunto da Linneo Theobroma cacao. Scopro anche, con una certa sorpresa, che fu Torino la prima città in Italia in cui arrivarono i semi del cacao e che fu Emanuele Filiberto di Savoia nel secolo XVI a portarli dalla Spagna. La pianta del cacao, spontanea nel bacino dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni, si diffuse nello Yucatan dove i suoi semi erano considerati così pregiati da diventare moneta locale. Fu Cortés ad importare il cacao, che lui chiamava cacaute, in Spagna, ma se ne ricavava una bevanda che mescolata con acqua solamente risultava assai amara. Fu solo successivamente che conobbe grande fortuna, quando venne mescolata con zucchero di canna e si diffuse in tutta Europa.
Il seme del cacao contiene amidi e grassi e vitamine quali la B1, B2, A e PP e inoltre sali minerali quali rame, ferro, fosforo, potassio e magnesio. Quest’ultimo è responsabile dalla funzione antidepressiva del cacao. Inoltre il cioccolato contiene una discreta quantità di teobromina che è un eccitante.
La pianta cresce tra ±15 ° latitudine, richiede una temperatura tra 18-32 °C e 1500-2000 mm di pioggia annua con elevata umidità. Gli alberi crescono fino a 12-15 metri (in piantagione ~ 7m). Dopo 2-3 anni l’albero produce molti fiori e frutti dopo cinque anni. I frutti crescono per 150-180 giorni, e contengono 30-40 semi circondati da una polpa gelatinosa.